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LA RELIGIONE E LA NOVITÀ DI GESÚ

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Gv 2,13-22

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesú salí a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?" Rispose loro Gesú: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?" Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesú.

*****

Mentre i vangeli sinottici parlano di una unica salita di Gesú alla Pasqua -nella quale sarà consegnato ed ucciso-, Giovanni invece ne menziona tre. Sta però attento a citarle come "feste dei Giudei" -estranee quindi alla sua comunità-, sempre all'interno di quel conflitto che sostenevano con l'autorità giudaica.

Quello che sembra chiaro, in ogni caso, è che questo modo di agire di Gesú ebbe molto a che vedere con la sua morte. Di fatto, nel processo davanti al Sommo Sacerdote Caifa, costituirà una delle accuse piú gravi contro di lui: "Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo" (Mc 14,58). Sarà perfino un argomento che comparirà come insulto rivolto a Gesú crocifisso: "Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso, scendi dalla croce!" (Mt 27,40).

La storicità del racconto -narrato nei quattro vangeli che sono giunti a noi- pare innegabile. Tuttavia, i tre sinottici lo situano alla fine della vita di Gesú, mentre Giovanni lo colloca praticamente all'inizio stesso della sua attività.

Storicamente, sembra essere piú conforme ai fatti la prima di queste opzioni. In un conflitto -tra Gesú e le autorità religiose- in crescendo, l'episodio del tempio appare come la goccia che fa traboccare il vaso, divenendo la scintilla che precipita la decisione che sarebbe finita con l'arresto, la condanna e la morte del maestro di Nazaret.

Il motivo per cui Giovanni lo colloca all'inizio del suo racconto sembra essere il seguente: l'autore del quarto vangelo mostra una particolare insistenza nel sottolineare la novità che Gesú apporta. Per questo, comincia col mostrarlo come colui che realizza la nuova alleanza (nozze di Cana) ed il nuovo culto (episodio del tempio e dialogo con la samaritana), affermando categoricamente la necessità di "rinascere" (colloquio con Nicodemo) per potere comprendere e vivere la sua proposta.

Per capire l'azione di Gesú bisogna vederla come un gesto profetico, sulla scia dei grandi profeti di Israele. Ed è cosí che fu percepito sia dall'autorità che dai testimoni lí presenti. Per quella tradizione, un "gesto profetico" è un'azione simbolica che vuole trasmettere, drammatizzandolo, un messaggio molto profondo. In un certo senso, si potrebbe dire che si tratta di una "parabola in azione". In questa occasione, il grande narratore di parabole quale era Gesú, ricorre all'azione per mettere in scena un'altra parabola.

Per questo, la comprensione appropriata del gesto ci viene data dalla parola dello stesso Gesú: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Si riferiva -aggiunge l'autore del vangelo- al tempio del suo corpo. Si tratta, chiaramente, di una sostituzione: il vecchio tempio della religione deve cedere il passo al nuovo tempio, la persona di Gesú. E, per estensione, l'essere umano e l'insieme del reale.

La religione -dato il livello mitico di coscienza in cui appare- pretende di chiudere Dio in spazi separati (tempio) e in formule delimitate (credenze), sotto la supervisione di un'autorità inappellabile (gerarchia). Ma è proprio questa religione che costituirà l'oggetto della critica di Gesú. Una lettura spassionata del vangelo conduce il lettore imparziale ad una conclusione evidente: Gesú è un critico della religione e dell'autorità religiosa, dando luogo, con ciò, ad un conflitto crescente che finirà con la sua uccisione.

Posteriormente, l'immagine di Gesú sarebbe stata piú o meno "addomesticata", sino a trasformarlo in un essere sottomesso e obbediente, primo garante della stessa religione, creando cosí dei gravi paradossi.

Comunque la posizione di Gesú è splendidamente riflessa in un altro testo di questo stesso quarto vangelo. Nel dialogo con la samaritana, alla domanda di questa sulle discussioni religiose tra giudei e samaritani, Gesú risponderà: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte [Garizim] né in Gerusalemme adorerete il Padre... È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv 4,21-24).

 

Enrique Martínez Lozano

Traduzione: Teresa Albasini

www.enriquemartinezlozano.com

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