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LE COSE NON SONO QUELLO CHE SEMBRANO

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Gv 18, 28-40

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesú e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?" Gesú rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?" Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?" Rispose Gesú: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiú." Allora Pilato gli disse : "Dunque tu sei re?" Rispose Gesú: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce."

 

"Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce." Parole sagge, di una squisita profondità spirituale, che però vengono lette troppo spesso proprio nel senso opposto, risultando cosí svalutate e snaturate, generando quindi atteggiamenti contrari a quelli voluti.

Appare chiaro che si tratta di un'affermazione radicalmente inclusiva e perciò si fa fatica a capire come, posteriormente, si sia potuti cadere in riduzionismi ed esclusivismi che separavano o addirittura condannavano chi non si aggiustasse alle formulazioni dottrinali dettate e sorvegliate dal magistero ufficiale.

Il contrasto fra quest'affermazione di Gesú e quella che è stata la prassi abituale (ufficiale) della Chiesa è tale che richiede un'analisi che aiuti, da una parte, a smascherare il tranello, e, dall'altra, a ricuperare il senso genuino dell'espressione che stiamo commentando.

In realtà, il tranello non è difficile da capire. Difatti si produce ogni volta che si assolutizza il modello mentale (ovvero duale) di conoscere. Questa assolutizzazione -che porta a pensare che le cose siano come la nostra mente le vede- sfocia necessariamente nell'oggettivazione di tutto ciò che è reale.

Il motivo è molto semplice: dato che pensare vuol dire delimitare, tutto ciò che è pensato diventa un oggetto (qualcosa di delimitato). In questo modo, l'Essere si trasforma in un ente, Dio in un idolo, gli esseri umani in individui oggettivati, la natura in mero oggetto per soddisfare i nostri bisogni...

Ciò significa che il modello mentale, cosí efficace nel mondo degli oggetti, altera radicalmente la realtà quando pretende di spiegare ciò che non è oggettivabile.

Ed è appunto questo ciò che avviene della "verità". Dato che la mente non può afferrarla, la trasforma inevitabilmente in "credenza". E, una volta prodotto l'equivoco, attribuisce, in maniera ingannevole e pericolosa, alla credenza le caratteristiche della verità. In questo modo, chi ha una credenza si crede automaticamente in possesso della verità. Nasce cosí l'esclusione di chi la pensa in modo diverso, nascono pure il fanatismo e il proselitismo. E tutto questo con un atteggiamento arrogante, che pretende di autogiustificarsi appellandosi nientemeno che alla "verità".

Ma possiamo ancora domandarci qualcosa in piú: come spiegare quella tendenza cosí frequente ad appropriarsi della verità? La ragione bisogna cercarla, a mio parere, nella necessità di sicurezza; cosí si spiega che il fanatismo nasconda sempre il panico davanti all'insicurezza, e tenti di allontanarlo afferrandosi all'idea di essere portatore di una "verità assoluta".

In questo modo non solo crede di sentirsi sicuro, ma si attribuisce addirittura uno status di superiorità sugli altri, allo stesso tempo in cui sazia il bisogno dell'ego di "avere ragione". Sono troppi i "vantaggi" che hanno reso inevitabile che noi umani siamo caduti e continuiamo a cadere in simile tranello.

Concretando il senso della frase che stiamo commentando, diveniamo consapevoli della lettura errata che se ne è fatta. Il ragionamento che si faceva era questo: "Gesú è la verità -Io sono la via, la verità e la vita-; noi crediamo in Gesú dunque noi possediamo la verità. E la prova del fatto che possediamo la verità è che ascoltiamo Gesú."

Nella sua semplicità, questo sillogismo sembrerebbe irrefutabile. E forse è questo il motivo per cui ha funzionato in maniera cosí efficace, configurando tanta rigidità mentale in non pochi cristiani.

Eppure è proprio nella sua semplicità dove si occulta il tranello, poiché non fa altro che giocare con le parole. Una volta ridotta la "verità" a una "credenza", tutto il resto ne è mera conseguenza erronea.

Si è confusa la verità con l'assentimento mentale a Gesú (cosí veniva intesa, generalmente, la fede), dando per scontato che, una volta dato questo assentimento, uno diventava automaticamente portatore della verità assoluta, e si attribuiva una supposta superiorità morale su quelli che non vi assentivano.

La realtà, invece, è tutt'altra. E le cose sembrano essere proprio il contrario di quello che quell'idea presuppone.

La chiave si trova, precisamente, in ciò che intendiamo per "verità". Se teniamo presente che, in ogni caso, non può mai trattarsi di un "contenuto mentale" -che sarebbe solo "un'idea della verità", e mai la verità stessa-, appare chiaro che dobbiamo cercare da un'altra parte. Infatti qualunque contenuto mentale è solo una "mappa", piú o meno approssimativa, ma non è mai il "territorio".

Come nessuno può conoscere il territorio senza addentrarvisi, per chiare che gli sembrino le mappe che possiede, cosí non è neanche possibile conoscere la verità finché non la siamo. Ed è a questo punto che si illuminano sia il motivo del tranello suddetto sia la strada giusta per comprendere in tutta la sua profondità e sapienza l'affermazione di Gesú.

In un certo senso, potrebbe dirsi che la verità non passa tanto per la mente quanto per la vita; né tanto per il pensare in una certa maniera quanto per esserla.

Innanzitutto, ciò che questo richiede non è l'assolutizzare una certa idea, bensí l'assumere un atteggiamento onesto e deciso, per poter viversi in verità. Dunque, di fronte al fanatismo che denota chiusura e ristrettezza, la verità richiede apertura umile e flessibilità, nonché la possibilità di poter mettere tutto in discussione.

Ed è appunto la persona che vive tutto questo quella che, richiamandoci alle parole di Gesú, "è dalla verità", anche se non ha alcuna credenza.

Infine, che cosa significa "ascoltare la voce" di Gesú? Sulla scia di questo stesso commento, non si tratta del mero assentimento mentale alla sua figura né alla sua parola, bensí piuttosto del riconoscersi nella sua persona e nel suo messaggio.

Gesú è consapevole, come tutti i saggi, di viversi nella verità di ciò che è. E ciò non perché abbia un qualche "contenuto mentale" in piú, del quale gli altri mancano, non perché possieda una "mappa" piú elaborata, ma perché si è addentrato nel "territorio" della sua vera identità. E, nel viverlo, nello sperimentarlo, lo ha conosciuto.

L'invito di Gesú è, quindi, assolutamente inclusivo: ogni persona che, con un atteggiamento di ricerca sincera e umile, si "addentri" nell'esperienza della sua propria verità, proverà necessariamente la "sintonia" con Gesú, cosí come con tutti quelli che lo hanno sperimentato.

Questa "sintonia" o ri-conoscimento non è qualcosa di superficiale, ma nasce nientemeno che dal fatto di scoprire di maniera esperienziale che il Territorio in cui ci addentriamo è sempre "condiviso", che la nostra identità di fondo -oltre l'io individuale cui la mente si afferra- è una e la stessa, nella non-dualità: non siamo uguali, ma siamo lo stesso. Come potrebbe questo riconoscimento non essere fonte di un atteggiamento inclusivo e amoroso verso tutti gli esseri, essendo il bene di ciascuno di essi il mio proprio bene?

Partendo da questa esperienza, è facile percepire il doloroso paradosso in cui cade la persona fanatica o semplicemente escludente: credendo di possedere la verità, si trova giusto nella direzione opposta a quella che le permetterebbe di sperimentarla.

È solamente nell'esperienza che veniamo a scoprire che i criteri di verificazione della stessa non sono altri che la sapienza e la compassione. Per questo, chi ha "visto", come Gesú, fa sua per sempre la "regola d'oro": "tratta gli altri come vuoi che loro trattino te."

Un breve appunto per concludere: non sembra anche paradossale che quest'affermazione saggia e totalmente inclusiva di Gesú venga letta nel giorno in cui si celebra la festa di "Cristo Re", titolo che ha dato luogo a non poco fanatismo escludente?

 

Enrique Martínez Lozano

www.enriquemartinezlozano.com

Traduzione: Teresa Albasini

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