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Fecha de Creación (Inicio - Fin)

-

SIAMO SPIRITO

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Lc 3, 10-18

Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?" Rispondeva: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto." Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: "Maestro, che dobbiamo fare?" Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di piú di quanto vi è stato fissato." Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi che dobbiamo fare?" Rispose: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe." Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo. Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è piú forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile." Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

 

Sin dall'inizio, Gesú viene presentato come colui che "battezza in Spirito Santo e fuoco". Si tratta, probabilmente, di due immagini equivalenti. Nel Libro degli Atti degli Apostoli -opera anch'essa di Luca, l'autore del testo che stiamo commentando-, nel racconto (simbolico) della Pentecoste si parla dello Spirito come "lingue di fuoco" che si posano sui discepoli.

In questo vangelo, in modo particolare, Gesú è presentato come l'uomo pieno dello Spirito e guidato da esso in ogni momento. Se sappiamo distinguere tra la veste mitica del racconto e il contenuto spirituale dello stesso, si potrebbe "tradurre" in questo modo: Gesú vive in pienezza, cosciente della sua vera identità (lo Spirito o "Io Sono" universale) e in connessione con essa.

Vivere nello Spirito non significa che il mio io individuale sia "sottomesso" a un'entità piú grande che agisce dall'esterno. Questa sarebbe la lettura dualistica e ingannevole cui conduce la mente, quando assolutizziamo la sua percezione.

Vivere nello Spirito significa, piuttosto, riconoscere la nostra piú profonda identità, condivisa e non-duale, e viverci in connessione con essa. Un'identità che è Pienezza (e che può anche nominarsi come "Spirito" o "Io Sono") e che sa di Gioia, Certezza e Libertà. In essa riconosciamo "l'io" come una forma temporanea che quell'identità adotta, e concordiamo con le parole di Teilhard de Chardin: "Non siamo esseri umani che vivono un'avventura spirituale, ma esseri spirituali che vivono un'avventura umana."

In questo contesto, dire di Gesú che "battezza in Spirito Santo" vuol dire che comunica la sua propria vita divina, ovvero che conosce la sua vera identità, che sa che quell'identità è anche la nostra (e di tutti gli esseri), e che risveglia la nostra capacità e il gusto di viverla. In una parola: ci fa scoprire e vivere chi siamo.

Non è strano che il battesimo sia stato visto come una "nuova nascita". Si tratta esattamente di questo: di "nascere" alla scoperta della nostra vera identità, poiché solo allora "ci risvegliamo" veramente dall'inganno che ci riduceva all'io e "nasciamo" a chi siamo.

Monica Cavallé dice che "la pratica spirituale è un lavoro di autoconoscenza". Non può essere altrimenti, dato che ogni cosa si risolve proprio qui, nel trovare la risposta adeguata alla domanda: "chi sono io?". Essere "spirituali" non ha niente a che vedere, innanzitutto, con quello che facciamo (nonostante vi si rifletti necessariamente), bensí con quello che siamo. E, per esserlo, dobbiamo prima di tutto conoscerlo.

Quando la saggezza ripete la massima dell'oracolo di Delfi: "conosci te stesso", sta dicendo la stessa cosa. Conosci la verità di chi sei perché, altrimenti, non uscirai dall'ignoranza né dalla sofferenza.

L'ignoranza della quale si parla qui non ha niente a che fare con la stupidità né con la mancanza di conoscenze. Come scrisse il maestro tibetano Chögyam Trungpa, in Oltre il materialismo spirituale, "quando parliamo di ignoranza, non ci riferiamo affatto alla stupidità. In un certo senso, l'ignoranza è molto intelligente, ma si tratta di un'intelligenza a senso unico. Ciò vuol dire che reagiamo soltanto alle nostre proprie proiezioni invece di vedere semplicemente ciò che è."

Altrimenti detto, l'ignoranza consiste nel prendere come vere le proiezioni che fa la nostra mente, invece di vedere la verità di ciò che è. Dietro un tale inganno, si nasconde il principio, anch'esso erroneo, che ci fa credere che "i miei pensieri sono la realtà". E, fra tutti, prendere come assolutamente certo il primo di questi: sono ciò che la mia mente mi dice che sono, confondendo in questo modo la mia "personalità" con la mia "identità".

Finché non risponderemo adeguatamente a questa domanda, ci troveremo lontano dalla spiritualità, e renderemo vera quella riflessione: "Povero essere umano, che desidera sempre avere tutto e non si rende conto che non gli è mai mancato nulla".


Enrique Martínez Lozano

www.enriquemartinezlozano.com

Traduzione: Teresa Albasini

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