SILENZIO E COMPASSIONE
Enrique Martínez LozanoMc 6, 30-34
Gli apostoli si riunirono attorno a Gesú e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'." Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano piú neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
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L'evangelista narra il ritorno degli apostoli e l'accoglienza da parte di Gesú. Insieme a questo, la ricerca di Gesú da parte della gente, che risveglia nel Maestro di Nazaret un sentimento di profonda compassione.
La persona saggia fa coesistere il riposo con l'offerta agli altri. Anzi, sa che non solo non c'è opposizione tra le due dimensioni della persona, ma entrambe si richiamano mutuamente. Se non si è interiormente pacificati ("riposati"), è molto difficile apportare pace agli altri; ma un riposo che non sboccasse nell'offerta sarebbe sospetto di narcisismo.
L'autentico riposo implica il vivere in connessione con ciò che realmente siamo, sperimentando che la nostra vera identità è Riposo e Quiete. Ma la connessione con ciò che siamo non ci addormenta né ci isola -non può sentirsi isolato chi è in connessione con quell'identità che condividiamo con tutti gli esseri-, ma -come ha scritto Rafa Redondo- "lungi dall'isolarci, polverizza, svuota il nostro narcisismo e ci rende sempre piú disponibili di fronte al dolore di ogni essere vivente senza distinzione".
È appunto questo che apprezziamo in Gesú: poiché era un uomo di silenzio profondo, era anche profondamente compassionevole.
In una società agitata come la nostra, nella quale sembrano imporsi la velocità e la saturazione, abbiamo bisogno piú che mai del silenzio e del riposo.
La fretta fomenta l'ansia e ci allontana dal presente, cioè, ci impedisce di vivere pienamente. La saturazione ci mantiene nella superficialità ed in un consumo vorace -di oggetti e d'informazione-, che ci lascia sempre piú insoddisfatti.
Il riposo -il silenzio- ci acquieta e ci permette di assaporare la vita; relativizza quello che ci produceva ansia e ci fa entrare in connessione con la nostra vera identità; ci permette di "scendere" dal moto ondoso in superficie alla quiete profonda; fa sí che possiamo sperimentare la distanza che c'è tra "ciò che accade" e "la coscienza di ciò che accade". Il silenzio, in definitiva, ci conduce a "casa" e, in questa, fa sí che entriamo in connessione con l'anelito che siamo. In questo modo, ci trasforma.
La pratica meditativa è il modo di introdurci nel silenzio. Forse si può cominciare dalla cosa piú semplice: prestare attenzione alla propria respirazione. Perché il silenzio richiede di educare l'attenzione; altrimenti, sarà la mente a dirigere la nostra vita e continueremo ad essere marionette nelle sue mani.
Nel prestare attenzione alla respirazione, in un tempo che vogliamo regalarci per questo, educhiamo l'attenzione, facendo sí che la mente si metta a nostro servizio. Ma c'è di piú: nell'accogliere il movimento respiratorio -inalazione ed esalazione-, entriamo coscientemente in sintonia con la corrente stessa della vita che è ricevere e offrire, accoglienza e dono di sé. Essendo in "casa", condividiamo il dinamismo di ciò che è.
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini